lunedì 30 novembre 2009

Discorso sull'emotività, Le vite degli altri e l'arte .


Nonostante il sottotitolo di questo blog, non sembra che debba contenere molto questo contenitore.
La verità è che chi è molto emotivo può trovarsi anche nella triste situazione del silenzio. Silenzio non solo a livello comunicativo ma proprio emotivo.
E' quello che mi succede quando la mia sete non trova dove abbeverarsi. Poche sono le acque davvero pure e la mia sete non ammette altro che massima purezza.
Ciò che spesso colpisce noi emotivi è l'incapacità di alcuni intellettuali o presunti tali (registi, scrittori, commediografi, artisti,..) di descivere davvero i sentimenti. Noi emotivi conosciamo i sentimenti e profondamente ed è terribile vedere come vengano ridicolizzati dalla televisione, da un certo tipo di cinema, dall'arte, dalla musica, da certi libri.
Stasera ho rivisto Le vite degli altri (regia: Florian Henckel von Donnersmarck) ed ho trovato la forza di scrivere qui.
Il punto è: non voglio farvi il miniracconto della trama ma farvi capire quanto questo film stimoli le nostre coscienze all'amore, alla fedeltà ai propri valori quand'anche questi fossero in contarsto con quello che la società tollera, alla bontà. Per la società quello che è buono è stupido, non ne siete convinti un pò anche voi nel profondo? C'è il profitto, la furbizia, l'arroganza. Ogni giorno che passa c'è chi vorrebbe farci credere che il mondo e noi siamo questo, un ammasso di acquirenti, chi è più ricco è più potente. Chi crede più in un ideale?
Vedo studenti politicizzati arrabattarsi per quel pezzetto, quel pezzetto di spazio che fa entrare nel cerchio.
In una situazione del genere purtroppo non ho speranze per chi entra a far parte del cerchio.
Perchè Guy Debord deve restare uno sconosciuto per noi studenti di arte?
Ora capisco cos'è che mi affascina dell'arte ma anche cosa mi ha sempre turbato. E' la grande capacità di filosofare che c'è dietro, di carpire significati nascosti dietro le opere, di scoprire quelli che l'artista ha espresso in un atto sublimante ma non sa dire. Questo fa la critica. Inventa storie allacciandole alla trame di quelle vere per trovarle geniali. Questo hanno fatto alcuni artisti.
Che fascino ma anche che sistema quello dell'arte.
Dove sono quelli squattrinati artisti d'un tempo in giro per le strade delle nostre città, vati di sublimi verità?

lunedì 16 novembre 2009

martedì 27 ottobre 2009



fino al 10.I.2010
Gianni Colombo
Castello di Rivoli

Spettatore al centro, ad essere in mostra è il rovesciamento delle sue percezioni abitudinarie
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All’interno dell’affascinante compagine offerta dal Castello medievale più contemporaneo d’Italia,
Gianni Colombo (Milano, 1937 – Melzo, 1993), grande esponente dell’arte cinetica degli anni Cinquanta e Sessanta vede rivisitata la sua vasta produzione attraverso un affascinante percorso che mira a coinvolgere lo spettatore.
Se nella prima sala compaiono alcune delle sue ceramiche, a partire dalla seconda sala lo spettatore è immerso in uno spazio completamente buio in cui giochi di luci e di colori risvegliano se non altro la sua percezione visiva. Ma è nelle successive sale che veniamo al meglio della capacità di Colombo di relazionarsi con le tradizionali forme architettoniche e di criticarle aspramente. Ora ideando una casa dalle pareti e muri deformati (Topoestesia 1975-77), ora dilettandoci con percorsi segnati da elastici azionati da macchine che ne mutano continuamente la percezione, complici anche il buio e la fluorescenza degli stessi elastici grazie alla presenza di lampade di Wood (Spazio Elastico, 1968), ora ancora, creando delle pareti bianche composte da parallelepipedi di polistirolo dall’effetto inaspettatamente pulsante (Strutturazioni pulsanti, 1959), Colombo mira all’effetto-sorpresa, alla sregolatezza del campo che, più di tutti, è retto da solide norme, l’architettura.
Quello di cui le installazioni di Colombo necessitano è sempre una partecipazione attiva, chiedono cioè allo spettatore di divenire attore interagendo con l’opera, perché questa altro non è, che mezzo per far riflettere su temi che sarebbe difficile rendere a parole, ma che con l’esperienza diretta, possono subito intendersi.
E’ un discorso umano quello di Colombo , volto a guardare l’uomo e i suoi meccanismi percettivi (visivi, tattili, uditivi). Dietro c’è Fontana e l’idea di opera come spazio stesso dell’opera; spazio che, in Colombo, non può che essere necessariamente, pena l’insensatezza dell’operazione stessa, vissuto.
Le opere in esposizione sono giustamente praticabili tranne alcune per via dell’usura; cosa potrebbe pensare l’autore delle sue macchine tattili ormai inaccessibili dietro una lastra di spesso vetro? Fin quando l’arte continuerà a mantenere la sua aurea, a noi non resteranno che le ipotesi.


yamuna jivana silvia illuzzi
mostra visitata il 3.X.2009

dal16 settembre 2009-10-06 Gianni Colombo
Castello di Rivoli, Museum of Contemporary Art
Piazza Mafalda di Savoia, 10098, Rivoli (TO)
Orario: martedì – giovedì dalle 10.00 alle 17.00
venerdì – domenica dalle 10.00 alle 21.00
lunedì chiuso, aperto lunedì di Pasqua
chiuso 25 dicembre, 1 gennaio, 1 maggio
Ingresso: intero euro 6.50,
ridotto euro 4.50 (pensionati, studenti, militari)
tel: +39 011 9565222
www.castellodirivoli.org




permanente
La collezione, Per una storia del Museo d’arte Moderna di Bologna

Bologna, MAMbo

Ri-Creazione della collezione del MAMbo: quadri, video, installazioni, libri, audio, fotografie, per scoprire la storia dell’arte italiana degli ultimi quarant’anni attraverso quattro percorsi multisensoriali.
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Nulla di diverso nella facciata del Museo d’Arte Moderna in via Don Minzoni a Bologna, il MAMbo. L’ex forno infatti, come fosse una chiesa bizantina, è all’interno del suo involucro che nasconde meraviglie. Si troverà spaesato l’abituale frequentatore nel notare come la collezione si sia arricchita di tesori a lungo nascosti e dovrà superare la vecchia porta d’entrata e far le scale per raggiungere il nuovo spazio ad essa deputato.
La vecchia sala sarà d’ora in avanti adibita a mostre (imminente una di Zorio G.) e il nuovo spazio prevede già la fruizione di quattro percorsi tematici (cosa insolita in Italia), così suddivisi: Arte e ideologia, Arte astratta e informale, Per una storia della GAM (1968-2008). Estratti, Focus on Contemporary Italian Art.
Finalmente dall’apertura del MAMbo nel 2007, molte delle opere della GAM tornano a respirare all’interno di una collezione che ritrova, anzi crea una sua identità. Nuova, al passo della contemporaneità, capace di coniugare l’arte degli ultimi quarant’anni in un discorso fluido e denso di significati, la Collezione è in grado di rispondere ad ogni pubblico e di non isolare le opere in modo rigido, catalogandole per anni, ma di farle comunicare in un intrigante gioco di rimandi, forse anche per sfidare l’accademismo incapace di sentire l’opera, ma solo di classificarla, al riparo da un pensiero libero che, chi visita, è tenuto ad avere.
Le opere delle stanze del MAMBo vogliono coinvolgerci politicamente, emotivamente e mentalmente attraversando ideologie, discorsi astratti, informali, poveristi, transavanguardistici e dei Nuovi-Nuovi barilliani per giungere al paesaggio eroso (Eroded landscape, 1999) di Cragg A. (Liverpool, 1949) che, con i suoi vetri smerigliati, ci permette di fare il punto: di là Duchamp e la poetica degli oggetti, di qua la fragilità che hanno raggiunto gli stessi. Su quali basi si può innestare l’oggi?

Lo “sguardo strabico” del MAMbo risponde, grazie anche all’aiuto delle guide preparatissime che coinvolgono il pubblico, cui solo spetta il responso. Cattelan M. (Padova, 1960) con la sua famosa piramide di Flash Art (Strategie, 1990) ci accompagna verso l’uscita, ancora una volta marcando la mano sulla precarietà, paradossalmente unica certezza di questa “modernità liquida”.



yamuna jivana silvia illuzzi

visitato il 27.IX.2009


dal 19 settembre 2009
La collezione, Per una storia del Museo d’arte Moderna di Bologna
MAMbo
via Don Minzoni 1 - 40121 Bologna
Orario: martedì – venerdì dalle 10.00 alle 18.00
giovedì dalle 10.00 alle 22.00
sabato e domenica 10.00 – 18.00
lunedì chiuso
1 gennaio, 1 maggio e 25 dicembre chiuso
Ingresso: gratuito
Tel: +39 051 6496611
info@mambo-bologna.org
www.mambo-bologna.org

domenica 18 ottobre 2009

Venezia e...


"Ci sono un coreano, un'americana e due italiane" sembra l'inizio di una barzelletta, si tratta invece del gruppo con cui ieri ho affrontato l'avventura Biennale .

Orologi al polso, il tempo era davvero limitato per divorare il mostro artistico nel quale ci stavamo imbattendo, ci troviamo alle porte della stazione di Venezia impalati, bloccati, stanti tipo cariatidi. Lo scenario è mozzafiato.

Venezia. La città vista nei dipinti di Tintoretto, Canaletto, Bellini (e tanti altri), è qui davanti a noi, quasi intatta (il quasi è riferito ai cartelloni pubblicitari che cercano visibilità proprio sui monumenti più belli).

Ci siamo rassegnati a un rapido giro per le sue straducole prima di raggiungere l'Arsenale da cui poi abbiamo iniziato il percorso della Biennale.

...La Biennale!
Lygia Pape con la sua Tteia 1, C accoglie il visitatore immergendolo in una stanza buia con fasci di luce che illuminano pilastri dorati. Sembra un invito al silenzio, alla riflessione, un minuto di raccoglimento per trasferirsi nel mondo dell'arte. Si passeggia attorno a questa prima installazione e si scopre come il pilastro altro non sia che un insieme di sottilissimi fili dorati resi percettibili unicamente dal fascio luminoso.

Tra distruzioni (Pistoletto M., Twenty-two less two), arte ecologica (Potrc M.) e inviti alla partecipazione attiva (Mir A., Venezia-all place contain all others) si giunge nella meravigliosa stanza dedicata a Tayou P. M. (Human Being) che ricrea un mondo in una stanza: casette con video proiezioni, tribù di pupazzi, paglia, carta straccia, sacchi colorati e cieli con pali appuntiti, collegamenti spazio-temporali impossibili trovano qui la loro ragion d'essere nel nome della quotidianità che ci rende più vicini e simili.

Costellation non può non colpire l'uomo moderno abituato ad essere circondato da ogni tipo di apparecchio elettrico di cui Yun Chu rivela l'inaspettato dark side.


Novità di quest'anno: il Padiglione Italia, grande spazio dedicato all'arte nostrana anzichè essere collocato assieme ai padiglioni degli altri Stati nei Giardini, da quest'anno trova fissa ed accresciuta dimora nel punto di congiunzione fra Arsenale e Giardini, forse per voler ribadire l'italianità dell'evento o dell'arte in generale. Eccesso d'ego?

Siamo così nei Giardini, alla nostra sinistra il Padiglione della Biennale, tempio sul mare grazie all'installazione di Baldessari J., che ospita tra le altre, le frasi zen di Ono Yoko, lo scenario di fintissimi fiori e i video di Djurberg N., la ragnatela elastica di Saraceno T. Dispersi nei Giardini restano tutti i Padiglioni nazionali.


Una giornata non basta per perdersi in questa dimensione giocosa, colorata, poetica, un pò magica, un pò graffiante, in questo mini-mondo da vivere e mai da leggere soltanto!

mercoledì 14 ottobre 2009

Ehi là, Benvenuti!
My name's Yamuna, sono una studentessa di storia dell'arte di Bologna, emigrante barese, triggianese per l'esattezza ("ridente" paesello della provincia barese situato più distante dal mare e vicino alla bella Lama San Giorgio, terra fertile e ricca di oliveti e vigneti).
Disorientata ed affascinata dalla mobilità del mondo attuale, ho ritenuto opportuno cercami un angolino per non essere stritolata dal fluire veloce delle cose.
Per non essere risucchiata dal vortice del nichilismo, dall'apatia, dall'angoscia dell'insignificanza del tutto, ricerco un contraltare positivo nel web che spero possa essere utile e di ispirazione a tutti coloro che si sentono tormentati dallo stesso senso di vuoto.
Questi gli intenti.
Buona lettura!